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Cesare Antonio Vergara il numismatico lucano

Ci sono personaggi ignorati e trascurati che incontriamo per caso, citati in qualche libro o sui nuovi mezzi di comunicazione, per aver trattato qualcuna delle molteplici discipline dello scibile umano. Dalle nebbie del tempo riaffiora un autore non molto lontano, anzi molto vicino, figlio dell’antica terra Lucana, di quel paese dove ogni pietra ti racconta memorabili imprese, il luogo natio dei padri di cui si porta il retaggio, con il rispetto e l’onore loro dovuto. Figlio negletto di questa antica terra fu Cesare Antonio Vergara, sacerdote, dottore in legge e autore del libro: Monete del regno di Napoli da Roggiero primo Re, fino all’Augustissimo Regnante Carlo VI, Imperadore, e III. Re Cattolico. Egli è l’autore di un unico libro, però non deve essere considerato l’uomo di un solo libro, e quindi temuto, secondo l’aforisma di San Tommaso, perché la morte lo colse subito dopo l’avvenuta pubblicazione. Di lui poche orme sul sentiero del tempo, della sua vita, della sua famiglia, della sua origine, della sua discendenza: inesistenti le tracce del suo passaggio, soltanto pochi sparpagliati cenni. Lo scopo del libro è di far conoscere questo autore, che certamente riesce a suscitare un particolare interesse, come spesso accade per alcuni ruderi di antica grandezza, che sono nascosti dalla vegetazione abbarbicata sui muri cadenti. Mediante i documenti pervicacemente ricercati nei vari archivi si è potuto ricostruire la sua storia e scoprire l’importanza della sua opera. Il suo libro sulla numismatica del Regno di Napoli, considerato opera unica di questo genere, fu molto apprezzato da illustri studiosi del suo tempo; tra questi è necessario menzionare: Ludovico Antonio Muratori, anche suo ottimo amico, che utilizzò le notizie storiche del Vergara per arricchire i suoi scritti. L’attenzione del Muratori verso l’opera del numismatico lucano è ricordata anche in un manoscritto conservato presso l’archivio parrocchiale di Vaglio Basilicata. In questo registro, compilato da un ignoto autore, sono citati, con una breve biografia, coloro che hanno donato parte dei loro beni alla chiesa: tra questi vi è la nota riferita a Cesare Antonio Vergara con la menzione della sua opera e l’elogio del celebre Muratori nei suoi confronti. Oltre che dallo storico Estense fu molto apprezzato anche da Apostolo Zeno, poeta, giornalista e numismatico, e dal conterraneo Placido Troyli, storico e monaco Cistercense dell’Abbazia di Santa Maria del Sagittario di Chiaromonte. Fu suo amico e protettore Giovanni Vincislao di Galass, Duca di Lucera, ambasciatore austriaco a Roma dell’imperatore Carlo VI e Viceré di Napoli nel 1719, a cui dedicò il libro, il quale chiese per lui all’imperatore un vescovado regio. Conobbe molti personaggi illustri a Roma, grazie alla sua posizione privilegiata di segretario del Cardinale Giovanni Battista Spinola, come il Cardinale Gaspare Carpegna, Vicario Generale del Papa Clemente X, da cui ottenne il teschio di San Clemente, che donò alla Chiesa Madre di Vaglio Basilicata il 12 maggio 1705. Non solo la biografia del nostro autore nel libro a lui dedicato, ma anche notizie storiche della sua famiglia e in particolar modo di sua sorella Laura che sposò Giovanni Domenico Ciurcilo e fu madre di Faustina, Antonia, dell’abate Don Carlo e di Filippo, che ereditò dallo zio la collezione di monete e le forme in rame servite per imprimere la loro immagine sul libro. A queste notizie si aggiungono quelle sul ramo nobile che ha posseduto il feudo di Craco, venduto dai nobili Latronico di Tursi a D. Carlo Vergara, Regio Consigliere di Santa Chiara e Presidente della Regia Camera della Sommaria, il 26 febbraio 1667. Vengono illustrate le varie vicende precedenti l’acquisto in cui altri personaggi erano intervenuti per ottenere il feudo. Prima di D. Carlo Vergara il feudo era stato acquistato illegalmente dal marchese Camillo Cattaneo, antenato dell’arcivescovo di Acerenza e Matera D. Camillo Cattaneo, con la collusione di D. Virginia Panevino, tutrice e balia di D. Veronica Putignani, legittima erede del feudo e moglie del dottor Michelangelo Latronico, che chiese al Sacro Regio Consiglio di dichiarare nulla la vendita del feudo per manifesta irregolarità. Viene descritto accuratamente, ma in compendio, il suo volume in cui descrive e illustra, con tavole corredate di stampe, duecentotrentadue monete, coniate nello spazio di sei secoli. Vengono valutati i motivi storici e politici delle immagini e delle iscrizioni impresse sulle monete, come di una moneta di rame fatta coniare dall’imperatore Carlo V, che mostra da una parte la Croce di Gerusalemme con l’iscrizione intorno Rex Iustus e dall’altra parte due colonne con il motto: Plus ultra. Questa moneta rammenta le colonne poste da Ercole sulle montagne Calpe e Abila dello stretto di Gibilterra, con l’iscrizione che inibiva il transito oltre quelle colonne, ma dopo la scoperta dell’America e di altre terre al tempo di Carlo V, l’imperatore tolse dal motto l’avverbio: Non e lasciò soltanto: Plus ultra. Il suo è certamente un trattato di storia numismatica, ma è anche un’opera di storia politica del Regno di Napoli. Le monete attraversano i secoli come dei preziosi documenti storici, spesso più ricche di dettagli o pari ai documenti scritti, con un manifesto valore di solida testimonianza. L’autore mette anche in risalto il danno che affliggeva il Regno di Napoli, sottoposto alla violenza di ladri che impedivano i commerci, minacciavano la sicurezza dei Cittadini e riscuotevano con la violenza il denaro dovuto allo stato. Viene presa nella doverosa considerazione l’attività dei falsari che ritagliavano o, come si diceva allora, tosavano, le monete di metallo prezioso, poiché anche costoro, come i ladri creavano difficoltà nel cambio e nei commerci, tanto da ridurre alla fame molta gente. Narra cronologicamente la storia del Regno, che inizia con la conquista Normanna, a cui segue la dinastia Sveva annientata dagli Angioini, gli stessi, poi, sconfitti dagli Aragonesi; infine Ferdinando il Cattolico che toglie il Regno di Napoli al cugino Federico II d’Aragona e lo governa mediante i Viceré; seguono i suoi discendenti fino a Carlo II, ultimo Re spagnolo della dinastia Asburgo; i diritti sulla corona spagnola, infine, vengono ereditati da Carlo VI d’Asburgo, contemporaneo del Vergara. Descrive dettagliatamente le varie epoche e i rivolgimenti che modificarono l’ordine costituito, con molta più competenza di altri storici che hanno trattato lo stesso argomento. Il suo libro oltre al valore storico, per la serie degli eventi trattati nelle diverse epoche; ha anche un valore letterario che appare evidente dalla prosa in italiano arcaico, comprensibile e di facile lettura. Chiude l’opera un documento importante per la storia religiosa della nostra terra, una testimonianza certamente non attinente all’argomento esposto nella monografia, ma che dirada molti dubbi. Una scrittura che descrive l’arrivo del corpo di San Faustino Martire e i personaggi che si sono prodigati per portare nella sua sede definitiva le sacre spoglie.

Autore: Caterini Carlo

 

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